La magia di Gabriel Garcia Marquez
MARQUEZ DOPO 20 ANNI TORNA AD ARACATACA (da www.ansa.it) |
BOGOTA’ – Lo scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez è tornato dopo 20 anni, a bordo di un treno a vapore decorato con farfalle gialle, nel suo villaggio natale di Aracataca, che ispirò Macondo, magico protagonista del suo celebre romanzo Cent’anni di Solitudine. Visibilmente emozionato, il Premio Nobel per la Letteratura ha viaggiato nel secondo vagone del convoglio partito dal Porto di Santa Marta lungo un percorso che ha costeggiato sterminate piantagioni di banane. Lo accompagnavano vari amici, giornalisti e scrittori. Nella sua città natale Garcia Marquez, che ha compiuto 80 anni, è stato accolto dalla banda dipartimentale e da praticamente tutta la popolazione, con palloncini colorati, striscioni e cartelli con frasi di saluto concepite dai bambini della locale scuola elementare. In brevi dichiarazioni dopo l’arrivo, Gabo si è rammaricato per l’assenza nel villaggio della madre Luisa Santiaga, del padre Gabriel Eligio, e dei due fratelli più amati, Cuqui e Eligio, morti prima del suo ritorno. Un dovuto omaggio a uno degli scrittori più geniali del ‘900, senz’altro uno dei miei preferiti. Tornare in un treno a vapore decorato con farfalle? Per chi non lo conosce sembrerebbe un’idiozia, chi lo conosce abbozza un sorrise e dice: "Eccolo…è sempre lui!". Tra tutti i suoi libri che ho letto e apprezzato, consiglio:
– Cent’anni di solitudine: una mescola perfetta di magia e realtà nel favoloso paese di Macondo raccontando le vicende della famiglia Buendia. Semplicemente stupendo.
– Dell’amore e di altri demoni: una favola d’amore funebre e struggente. Incantevole.
– Vivere per raccontarla: la biografia di Marquez, dalle origini fino al successo. Meravigliosa.
– Cronaca di una morte annunciata, Occhi di cane azzurro, L’autunno del patriarca, L’amore ai tempi del colera
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Montezemolo…e le mie parole di sempre
[Tratto da Affari italiani (libero.it) cinqueallecinque, pubblicato su www.azionegiovani.bn.it, sezione ILFOGLIO]
Terremoto in politica. L’intervento di apertura dell’Assemblea Annuale di Confindustria del presidente Luca Cordero di Montezemolo ha scatenato il caos. Un discorso sferzante, da leader, un attacco durissimo alla classe politica. Il Paese, ha detto il presidente della Ferrari ha bisogno di un cambiamento per “crescere e competere, in Europa e nel mondo”.
Nessun equivoco: quella di Montezemolo si chiama “discesa in campo”. Con piglio da leader e sostenendo un rosario di idee che sono sconvolgenti solo per la nostra classe politica extraterrestre, Montezemolo ha lanciato una sfida che trafigge trasversalmente gli schieramenti e manda a gambe all’aria i pavidi tentativi di aggregazione nei due poli. Di colpo il partito unico del centrodestra e il partito democratico – che pretendevano di essere l’unica novità politica – sono invecchiati. È bastato un discorso fatto in una lingua ignota alla politica per svelare che si trattava di proposte incartapecorite sin dalla culla, come dimostra il fatto che anche De Benedetti, la “tessera numero 1” del Pd, è andato in deliquio alle parole del presidente di Confindustria. La sfida di Montezemolo è trasversale dunque, e le reazioni disegnano la mappa del consenso che può raccogliere. Berlusconi e Prodi non sono contenti, del resto quelle di Montezemolo sono soprattutto critiche a loro due e alla paralisi gerontocratica che rappresentano. Ma Rutelli e Marini ci starebbero, Dini e Padoa Schioppa hanno molto apprezzato, Casini pure, pezzi di An come Alemanno e Urso hanno commentato positivamente, Forza Italia potrebbe starci, anche se ora prevale la cautela. Freddi se non ostili i partiti più di sinistra come Pdci, Verdi e Rifondazione. I Ds, come al solito, non si è capito come la pensino, Fassino ha farfugliato qualcosa di democristiano, la loro opinione ce lo spiegheranno fra qualche anno in un congresso di autocritica. Però, qualcosa si muove e forse non a vuoto. E da qui non si torna indietro.
GRAZIE RAGAZZI!
Pensieri sparsi di uno sciocco visionario…
Prodi, Erasmus e le pezze al c…
Commendevole la proposta di Prodi di rendere obbligatori 6 mesi di Erasmus all’estero per gli studenti universitari.
Ma chi paga, visto che – come Prodi stesso ha ammesso – i fondi europei destinati alle esperienze all’estero degli studenti sono stati dimezzati? Anche mia nonna saprebbe fare lo statista se si trattasse di lanciare proposte a vanvera senza occuparsi della copertura economica. Prodi, anziché fare proposte ruffiane, farebbe bene a mettere mano per davvero ad una riforma complessiva del sistema universitario, evitando di imitare quelli che montano i cerchioni in lega alla loro Fiat 127 rustica del ’78. Tanto per cominciare il governo decida di destinare al rilancio dell’università il leggendari ‘tesoretto’, perché ci sono atenei che – per dirla con il poeta – sono con le "pezze al culo". Ma soprattutto che si trovi il modo per offrire ai giovani italiani formazione di alto livello (non il prolungamento del liceo di oggi), dopo che in questi anni si è consumato un equivoco che ha fatto dell’università un ibrido a metà tra formazione teorica e scuola di avviamento professionale. Ma soprattutto che si riformi una volta per tutte il meccanismo di reclutamento dei docenti. L’università mortifica le intelligenze migliori obbligandole alla fuga, pagando poco e selezionando solo i più fedeli al baronato. In troppi casi la carriera accademica è appannaggio di chi o è ricco di famiglia e può bivaccare per anni in università aspettando per anni un concorso pilotato, o di chi non ha alternative (quelli meno bravi). Importante l’Erasmus, per carità, ma forse c’è dell’altro.